(video) Roseto, la frana “monumento” che sta per compiere 10 anni
ROSETO VALFORTORE (Fg) La mia frana preferita ha compiuto 9 anni: si aprì come un fiore a primavera nell’aprile 2007. L’anno prossimo ne farà 10, e non è stata oggetto di alcun intervento da parte della Provincia di Foggia. L’hanno segnalata, transennata. Tanto basta. La frana di cui scrivo è quella che Rec24 mostra in video e foto. Si trova a pochi chilometri da Roseto Valfortore, sulla strada provinciale 130. Venerdì 25 marzo l’ho fotografata per l’ennesima volta. E’ cambiata da quando ebbe origine facendo sprofondare il vecchio guard rail e più di metà carreggiata. E’ più compatta. C’è più vegetazione. La natura s’impossessa di tutto, come il tempo. Prima e dopo la “mia” frana, ce ne sono molti altri di punti in cui la strada fa la timida, scompare, si ritrae e sprofonda. In altri si vede chiaramente dove la prossima pioggia scaricherà il suo carico di fango. Detto così sembra un dramma, e non lo è, non per me, non in primavera, non per chi ci ha fatto l’abitudine. Se si ha la pazienza di scansare i fossi, percorrere la 130 da Lucera a Roseto Valfortore può essere un’esperienza piacevole. Fino ad Alberona la strada è messa bene. Il paesaggio è splendido. Lo è nel senso letterale del termine: uno splendore, bisogna avere la curiosità di viverlo personalmente. E’ una dimensione diversa da quella cittadina. Si percepisce dai profumi che pervadono l’aria, da ciò che si sente e si vede a 360 gradi. Appena superato il cimitero di Alberona, si tocca il punto più alto. Si vede tutto il Tavoliere.
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PER POCHI, NON PER TUTTI. Egoisticamente, chi non vive nei nostri paesini collinari può anche permettersi il lusso dell’indifferenza rispetto al destino dei Monti Dauni. Sbagliando. Molti borghi stanno scomparendo. Celle di San Vito ha poco più di 100 abitanti, ma sono tanti i comuni “mignon” con 500 oppure 1000 abitanti. Sono soprattutto i borghi del versante settentrionale a rischiare l’estinzione, quelli che confinano con il Molise, ma non se la passano bene neanche gli altri, cerniera tra Puglia, Campania e Basilicata. Egoisticamente, si potrebbe scrivere e dire che quella bellezza non è per tutti. Ce l’abbiamo sull’uscio di casa, a 30, 40, 70 chilometri. Non sono “il passato” e potrebbero rappresentare il futuro, per più di un motivo, a cominciare dall’ambiente. I Monti Dauni sono il più grande “giacimento” verde della Puglia, con i loro boschi, le sorgenti, le aree faunistiche, laghi e torrenti. Sono una delle vere e proprie “miniere” della biodiversità italiana, risorsa più unica che rara per l’agricoltura e l’allevamento. Sono paesini incantevoli, con piazze, chiese, castelli, aree naturalistiche. Potenzialmente, con un patrimonio immobiliare largamente abbandonato e in disuso, potrebbero rappresentare una risorsa per il diritto alla casa, se solo fossero meglio collegati con i comuni del Tavoliere e avessero più servizi da offrire a chi li abita o chi potrebbe abitarli. Potrebbero, ma non possono. Ancora no. La speranza è che, invece di crederli un salvadanaio e di puntare su quella enorme cazzata che sono le fusioni tra comuni, il partito unico nazionale trasversale apra gli occhi. Che poi, come fai a fondere Alberona e Roseto Valfortore? E perché mai? Non sono mica una salsetta, sono una storia. Lasciateci i nostri gonfaloni. Almeno quelli. Va bene organizzarsi insieme per i servizi, quando questi non diventano pretesto per impalcare un altro carrozzone da super nomina. Anche consorziarsi per funzioni e risorse degli uffici, programmare insieme, tutto quello che volete (che poi, programmare cosa, la fame?). Ma la fusione è una cazzata gigantesca. I simboli sono significato. Lasciateci quelli. Oppure fate come volete. Annacquate pure il vino della comunione e sostituite l’ostia con una pillola senza glutine.
Francesco Quitadamo