Emiliano costretto a riaprire le scuole, ma sui social è guerra di veleni
Fosse stato per il presidente della Puglia, le aule sarebbero rimaste chiuse
Ha emanato una nuova ordinanza Michele Emiliano. Non potendo prolungare la chiusura delle scuole, il presidente della Regione Puglia – come previsto già una settimana fa (link: SCUOLA, EMILIANO HA GIA’ DECISO) – è tornato a imporre a dirigenti scolastici, docenti e studenti l’invenzione tutta pugliese della DID: didattica in presenza per gli studenti che saranno in aula e, contemporaneamente, lezioni a distanza per i bambini che resteranno a casa per scelta dei loro genitori. Già da ieri sera, avvelenandosi le ultime ore della Pasqua, sui social si sono confrontati e spesso virtualmente ‘accapigliati’ i sostenitori della scuola in presenza e quelli che ritengono cosa buona e giusta l’ordinanza di Emiliano. Come sempre, in molti si appassionano al giochetto di chi ha vinto e chi ha perso. La questione è drammatica e controversa. Di vincitori veri, in realtà, non ce ne sono. Gli sconfitti, come accade da oltre un anno, sono i bambini. Sia quelli che avranno la fortuna di poter tornare tra i banchi, sia i loro compagni che resteranno ancora reclusi davanti a un computer. Agli uni e agli altri mancherà qualcosa: la scuola vera, una migliore didattica, la possibilità di rivedere in carne e ossa tutti i loro compagni, quella di crescere assieme ai loro amici. Giova ricordare che stiamo parlando di bambini piccoli. A riaprire, infatti, saranno soltanto materne, elementari e prima media. Si tratta di bambini che, vista l’età, in questi mesi non hanno avuto la possibilità di andare in giro per strada come i ragazzi più grandi. Senza colpevolizzare questi ultimi, è chiaro che per i piccoli è molto più dura. Per i bambini di materne, elementari e medie, la scuola era ed è una delle principali occasioni (e in questo momento l’unica) di socializzazione, una volta venuti meno gli sport di squadra, le palestre, le scuole di danza e teatro, le ludoteche, la possibilità di giocare insieme ai loro coetanei in un parco giochi. Piccola parentesi: a parere di chi firma questo articolo, tutte le scuole di ogni ordine e grado dovrebbero tornare in presenza. Chiusa la parentesi, per superare il dibattito avvelenato di queste settimane, forse sarebbe utile concentrarsi sul futuro. Bisognerà rimarginare ferite e lacerazioni tra genitori e genitori, tra docenti e genitori, tutti ridotti a fazioni contrapposte da chi non ha fatto nulla, niente di niente, per aiutare la scuola ad affrontare con strumenti migliori e un clima di maggiore condivisione le difficoltà straordinarie della pandemia. Le nostre scuole, i nostri dirigenti, i docenti, gli stessi genitori già prima della pandemia non erano completamente in grado di costruire una scuola-comunità, e con il Covid-19 le cose sono decisamente precipitate. Nel dibattito schiacchiato sulla contrapposizione DAD-presenza, sono completamente scomparse dai radar questioni fondamentali: la sicurezza delle strutture, la loro inadeguatezza ad assicurare spazi e strumenti ampi e moderni, la digitalizzazione, la formazione e preparazione dei docenti, la selezione degli stessi. La pandemia, come uno tsunami, è andata ad abbattersi su scuole e aule anguste, dove il ricambio d’aria può essere garantito soltanto aprendo le finestre anche d’inverno, con docenti che nella maggior parte dei casi hanno dovuto imparare in fretta e furia e alla bene e meglio a utilizzare le piattaforme per la didattica digitale, quando in molti casi non sapevano nemmeno utilizzare il registro elettronico. E non per colpa loro. Bisognerà tornare a essere uniti (dirigenti, docenti, genitori) nel pretendere, da chi in questi mesi si è tolto d’impaccio con un’ordinanza, risposte e azioni concrete per costruire una scuola che torni a garantire l’obbligo scolastico e il diritto allo studio, messi irresponsabilmente in dubbio e in secondo piano. Oggi siamo una regione dove a capo di un’agenzia per l’innovazione è stato messo (e poi rimosso solo per una figura di niente a livello nazionale) uno che voleva sconfiggere il Covid con un ciondolo. Se non vogliamo restare appesi a quel ciondolo, abbiamo bisogno della scuola, di una vera scuola, come del pane.
Francesco Quitadamo