Uno “sfogo” e una disamina accorati e orgogliosi. “Luce in scena” è un Centro di Formazione Spettacolo che calca le scene foggiane, e non solo, da moltissimi anni. Si tratta di una realtà d’eccellenza di cui la città può andare orgogliosa. Sono moltissime le famiglie che, fino a prima dell’emergenza coronavirus, hanno affidato i propri ragazzi agli insegnanti di danza, canto, recitazione e musica di questa splendida realtà che ha sede aFoggia, in via Ciampitti, traversa di Viale Colombo. Quelle stesse famiglie , a dimostrazione dell’attaccamento e della stima nutrita per il team di “Luce in scena”, hanno aderito all’iniziativa di Rec24 destinando una QUOTA SOSPESA (ecco di cosa si tratta, LINK) al Centro di Formazione Spettacolo. A firmare l’intervento, sono il direttore artistico Emanuele Pacca e il direttore organizzativo Giuseppe Infante. Di seguito, lo pubblichiamo integralmente.
“Siamo giunti ormai a tre mesi di chiusura forzata a causa dell’emergenza Covid 19. In questo lungo periodo sono stati sospesi tutti gli spettacoli, chiusi i teatri ed i luoghi di “assembramento culturale” e le scuole. Ma in questa nuova fase non è stata prevista la riattivazione di tutte le lezioni e dei seminari delle scuole di arti sceniche (recitazione, danza, canto..). Facciamo un piccolo passo indietro: nessun artista, attore, regista o insegnante ha mai dovuto fare i conti con una tale imposizione ed è cosi che in primis (nel mese di Marzo) si è avvertita una sensazione di panico, con il centro formazione spettacolo chiuso, pensando all’assenza delle rette mensili. Il punto, però, è che il provvedimento aveva inizialmente una durata di quindici giorni e dunque il dramma vero e proprio non si era del tutto manifestato. Con il passare dei giorni, invece, è arrivata la chiusura totale. Una chiusura lunga e completa. Le notizie che giungevano dai tg non lasciavano dubbi. Non sapevamo cosa fare. Lezioni sospese, laboratori fermi e prove interrotte, produzioni e spettacoli della compagnia “saltati”, saggi non pronti. Una situazione che mai avevamo vissuto prima d’ora. Abbiamo capito che i tempi sarebbero stato lunghissimi, il “virus” aveva creato un focolaio globale. Così sono subentrate altre preoccupazioni, più concrete. Come avrebbero potuto fare i ragazzi a studiare e a tenersi in allenamento? Come avremmo potuto debuttare con le produzioni teatrali ed i progetti di “Luce in Scena”? E, soprattutto, come avremmo potuto pagare gli affitti e le bollette senza alcun rientro di quota associativa? Attualmente, nel nostro Paese, le accademie di arte scenica e di teatro e le scuole di danza sono inquadrate come associazioni o società sportive, ed una piccola parte riguarda società con partita iva o ditte individuali. La pandemia ha mostrato in modo cristallino la debolezza di questo sistema: il nostro ruolo non viene riconosciuto. Nel frattempo, le nostre spese corrono e crescono sempre più. Non avendo un inquadramento, non disponiamo nemmeno di sindacati e interlocutori. È come se non esistessimo. Siamo invisibili. In realtà, il tessuto delle scuole private rappresenta un rifugio, il luogo in cui formiamo gli studenti perché possano accrescere il proprio talento, partecipando a lezioni, corsi e seminari, lavorando da subito “sul palco” per poi diventare professionisti. È grazie a tale processo che i giovani possono aspirare a fare carriera, “desiderare” teatri, spettacoli, programmi televisivi e un impiego come cantante, performer, coreografo, direttore di orchestra, o ancora, maestranze, scenografo e costumista. Nel nostro lavoro, prepariamo i ragazzi ai concorsi ed ai casting avvalendoci di professionisti, maestri e ospiti.
Come compagnia produciamo spettacoli con attori di fama nazionale, creiamo testi, spettacoli, costumi, rassegne e, a fine anno, affittiamo interi teatri per permettere agli allievi dei tanti nostri corsi di produrre saggi. In tali occasioni, ci facciamo carico delle spese Iva, SIAE e tributi per i teatri. Siamo realmente una “fetta” importante e facciamo parte del sistema economico. Se dovessimo fermarci, si fermerebbe un intero settore, quello artistico e dello spettacolo. È inconcepibile che per noi non vi sia alcun tipo di tutela.
Siamo un grande centro di formazione e di produzione spettacolo (con esperienza decennale) con annessa compagnia, direttori, insegnanti di arti performative, attori, ballerini, musicisti e artisti che collaborano da anni allo sviluppo della cultura e soprattutto delle discipline artistiche. Da tre mesi abbiamo “chiuso il sipario” sulla nostra scuola e avvisato allievi, genitori e tutti i partecipanti che per qualche tempo non avremmo fatto lezione come quotidianamente siamo abituati a fare; con 8 corsi settimanali (recitazione, musical, canto moderno, danza, strumenti musicali), per un totale di oltre 120 allievi di tutte le età che si alternano e si suddividono in classi, lezioni comunitarie ed individuali. Abbiamo interrotto gli spettacoli e gli eventi della Compagnia che vengono svolti in teatri ed in tutti luoghi dedicati alla Cultura. Ci siamo “chiusi” per proteggere noi stessi e gli altri senza mai smettere di vivere per la nostra arte. Il virus che ha preso tutto, non è riuscito ad estirpare quel pabulo che nutre le nostre anime ed è così che abbiamo organizzato video, slogan, hashtag, messaggi con foto a distanza per rispondere all’esigenza di eludere in qualche modo dalla quarantena rimanendo distanti ma vicini. Siamo sempre stati fiduciosi ma non ci siamo adattati e non è semplice. Immaginavamo che nessuno avrebbe mai potuto dimenticare i luoghi e la strutture in cui ogni giorno ragazzi e ragazze si formano (prima come uomini e donne) e poi come artisti e dove si crea, si produce lavoro “professionale artistico”. Sicuri che il teatro, il canto, la danza ed il loro mondo che ha sempre emozionato, creato ed educato generando empatia tra artisti e pubblico non venissero trascurati, ma ci sbagliavamo.
Ad oggi non ci sono purtroppo aiuti concreti e con immensa fatica non riusciremo a rialzarci perché gli “assembramenti” nel nostro settore sono il “principio” fondamentale. La nostra “sede”, che non ha all’interno un teatro indipendente ma è fatta di sale prova, sale danza, canto e teatro (per un’estensione di 400 mq) da tre mesi deve pagare l’affitto, le bollette e le utenze senza nessun tipo di guadagno o di reddito alternativo. Abbiamo scelto di vivere di arte, di cultura e di spettacolo, senza delegittimare nessuno ma la nostra professione è questa. Non svolgiamo altre attività, ovviamente rispettose, come magazzinieri, postini, pizzaioli, commessi. Non siamo artisti a “tempo perso”. Facciamo spettacolo o associazionismo, (senza screditare chi svolge attività artistiche amatoriali). Abbiamo studiato per anni (e continuiamo ancora a farlo) in accademie, scuole, laboratori e teatri; ci siamo diplomati in conservatori e laureati nel settore dello spettacolo, affiancato insegnanti e grandi artisti, condiviso il palco con importanti artisti e continuavamo fino a “ieri” a lavorare in produzioni e compagnie nazionali, organizzando spettacoli, rassegne ed eventi (lavori comprovati).
In questo momento diventa evidente che verso noi operatori dello spettacolo non c’è molto “apprezzamento” ed è chiaro che restando forti e decisi anche con la “serranda abbassata” avremo sempre la fiducia e la stima ed il rispetto dei tanti che da molti anni lavorano come noi, con noi ed insieme a noi. Ed anche il supporto morale di tutti quelli che riconoscono nelle Arti performative la Foggia “migliore”.
Ma oggi, nella cosiddetta “fase di ripresa”, il Centro formazione Spettacolo più grande della Capitanata come può svolgere tutte le attività? Si parla (senza un vero decreto) di accogliere solo un numero limitato di partecipanti (quindi si creeranno selezioni all’ingresso?) con misurazione della temperatura corporea, utilizzo “fisso” di mascherine, sanificazione preventiva, sanificazione delle calzature all’ingresso della struttura, disposizione di igienizzanti mani in tutti gli ambienti, igienizzazione degli spazi dopo ogni gruppo, distanziamento non inferiore ad 1 mt per gli adulti e 2 m per ogni bambino, divieto di utilizzo degli spogliatoi, divieto di assembramento. E dopo questo “eventuale” investimento economico di materiale sanitario che “Luce in Scena” dovrà affrontare, quanti e quali allievi realmente torneranno in sede? Quanti genitori accompagneranno i propri figli ai corsi? Tutti i ragazzi che da mesi la mattina non frequentano più a scuola, ovviamente per paura del contagio, e seguono le lezioni tramite piattaforma on line per quale motivo dovrebbero tornare nelle aule a “sudare, ballare, cantare e recitare” sapendo che il virus non è stato debellato? È chiaro che per ripartire quello che si deve spendere (in denaro o fatiche) è più di quanto si potrà ricavare dall’impresa. Un’impresa che si trova in un mare di deficit e ammanchi da tre mesi. Un’impresa che ha fatto della serietà e della professionalità il suo punto di forza, che merita ed esige attenzione istituzionale. Quella che finora, purtroppo, non abbiamo visto.
Emanuele Pacca Direttore Artistico Giuseppe Infante Direttore Organizzativo