Quanto costa un chilo d’uva al supermercato? Dipende dalla varietà, naturalmente, ma si va da 2 ad almeno 5 euro, vale a dire fino a 10 volte di più di quanto la Grande Distribuzione Organizzata la paga agli agricoltori: appena 50 centesimi in questo periodo. Nonostante i costi di produzione e raccolta siano aumentati moltissimo per le aziende agricole. A denunciare lo squilibrio di rapporti e di profitti tra produttori e GDO è la CIA Agricoltori Italiani Puglia. Un problema, questo, che va avanti da anni e riguarda non solo l’uva, ma in generale tutti i prodotti agricoli, con particolare riguardo a quelli del settore ortofrutta.
La stagione 2022 dell’uva da tavola è cominciata molto male. Ai produttori pugliesi, l’uva viene pagata una miseria, appena 50 centesimi al chilo; la stessa uva, però, nei supermercati costa molto di più a chi vuole comprarla. “In pratica”, si legge nella nota di CIA Puglia, “la GDO scarica su produttori e consumatori le sue politiche di marketing, sia quando propone il sottocosto sia quando accelera con i prezzi”. “I produttori pugliesi di uva da tavola sono a terra, la situazione è pesantissima, per questo abbiamo incontrato Donato Pentassuglia”, ha dichiarato Giannicola D’Amico, vicepresidente vicario di CIA Puglia. Nei giorni scorsi, il sindacato degli agricoltori aveva richiesto un incontro urgente con l’assessore regionale all’Agricoltura per discutere dell’emergenza uva da tavola e di altre importanti questioni. Pentassuglia nel giro di poche ore ha risposto alla richiesta e fissato l’incontro tenutosi oggi, 10 agosto. Oltre a Giannicola D’Amico, nella delegazione CIA Puglia erano presenti: Benedetto Accogli, presidente CIA Salento e vicepresidente regionale dell’organizzazione; Danilo Lolatte, direttore regionale; Sergio Curci, coordinatore dell’area economica vegetali; Giuseppe Creanza, direttore CIA Levante (Bari-Bat); Angelo Miano, presidente CIA Capitanata; Vito Rubino e Pietro De Padova, rispettivamente direttore e il presidente di CIA Due Mari (Taranto-Brindisi); Emanuela Longo, direttrice CIA Salento. “All’assessore regionale all’Agricoltura, abbiamo chiesto di aprire un tavolo di crisi e confronto anche con la GDO su uva da tavola e ortofrutta: è sempre più alto il rischio che tante aziende disinvestano, si ridimensionino e chiudano definitivamente con conseguenze drammatiche”. Per la Regione, erano presenti anche i dirigenti del Dipartimento Agricoltura e Francesco Ferraro per l’Arif.
PUGLIA REGINA DELL’UVA DA TAVOLA. La Puglia è la prima regione italiana per numero di aziende, quantità e qualità della produzione di uva da tavola. Il dato complessivo regionale si attesta su una superficie di 25.085 ettari utilizzati e una produzione di 6.400.000 quintali. La provincia di Bari, da sola, registra 10.750 ettari utilizzati e una produzione annuale pari a 2.332.000 quintali, ma i numeri e la qualità sono rilevanti anche nel Tarantino, con dati importanti inoltre in provincia di Foggia, nella BAT e nelle province di Brindisi e Lecce. Si tratta soprattutto di reddito, posti di lavoro, un’economia che è motore trainante del nostro export, una ‘industria a cielo aperto’ che dà da mangiare più dell’Ilva.
CONCORRENZA INTERNAZIONALE AL RIBASSO. “Occorre rafforzare il potere contrattuale dei produttori, serve una grande campagna annuale di promozione per il consumo dell’uva da tavola pugliese nelle famiglie, a scuola, nei ristoranti, nelle mense aziendali”, ha aggiunto D’Amico. “E’ necessario, soprattutto, cambiare i meccanismi nazionali e internazionali che penalizzano il nostro prodotto a vantaggio di chi produce con regole ballerine e a costi nettamente inferiori ai nostri”, ha dichiarato il presidente di CIA Puglia, Gennaro Sicolo. “Si vive sulla lama di un rasoio, sempre sull’orlo del baratro del fallimento, esposti al ricatto del ‘o fai così o non ti ritiriamo il prodotto’, con gli oneri e i pesi che gravano tutti su una sola parte, perché a rischiare sono soltanto gli agricoltori”.
LA SICCITA’. Nell’incontro con Pentassuglia, CIA Puglia è tornata a chiedere azioni e opere strutturali per affrontare la questione siccità e, soprattutto, le lacune cinquantennali rispetto a infrastrutture e tecnologie a uso irriguo. I dati sono sconcertanti. La mancanza d’acqua ha già causato rese inferiori fino al 40% per il grano, dal 15 al 30% per il pomodoro, con previsioni di raccolti inferiori fino a un terzo per la prossima campagna olivicola. Rese minori anche per l’uva, e non solo. “Occorre un piano idrico-irriguo capace di far diventare sistematico il recupero delle acque reflue in favore dell’agricoltura”, ha dichiarato Sicolo, “ed è fondamentale potenziare numero ed efficienza non solo degli invasi, ma anche della distribuzione irrigua a costi sostenibili. I Consorzi di bonifica commissariati devono funzionare e avere una gestione che veda in prima fila gli agricoltori e il mondo dell’agricoltura”.
ABBRUCIAMENTO RESIDUI POTATURA. CIA Puglia inoltre è tornata a chiedere una deroga alla normativa regionale vigente che permetta l’abbruciamento dei residui di potatura nei territori del Parco Nazionale del Gargano, dove è necessario trovare una soluzione equa e giusta all’impossibilità da parte degli olivicoltori di smaltire i residui di potatura degli ulivi, poiché la bruciatura delle frasche è vietata. Il contesto normativo regionale, vietando di fatto l’abbruciamento dei residui di potatura, aggrava i problemi connessi alla difficoltà di controllo di fitofagi, ai quali si aggiungono quelli collegati all’impossibilità di accesso con mezzi meccanici alle citate aree per eseguire le permesse operazioni di cippatura/trinciatura. CIA Puglia chiede la concessione di un’apposita deroga al disposto dell’art. 2, comma 4 della L.R. n. 38/2016.