Presidente della Repubblica? Un agricoltore, magari
Una visione differente, che parta da terra e valori
Un Presidente della Repubblica agricoltore? Una provocazione, sicuramente. O forse un sogno, chissà. Non importa se donna o uomo, ciò che conta (o che conterebbe, qualora la cosa fosse davvero possibile) sarebbe avere quale massima carica dello Stato e rappresentante di tutti gli italiani qualcuno che davvero consideri la terra, chi la lavora ogni giorno, i suoi prodotti e le economie generate dal comparto primario il valore assoluto più importante del nostro Paese. Quello da cui ripartire, stimolando la politica italiana e quella europea a considerare le conseguenze devastanti dei prezzi al ribasso riconosciuti ai produttori, a fronte dei rincari subiti dai cittadini in ogni altro settore economico e commerciale.
Il valore assoluto più importante, quello rappresentato dal comparto primario, perché primo elemento del “made in Italy”. Fondamentale in quanto anello primario di quella transizione ecologica che non può che cominciare proprio da lì, dai terreni verdi, da quei circa 12 milioni di ettari di Superficie Agricola Utilizzata (SAU) dove nascono le migliori eccellenze alimentari italiane esportate in tutto il mondo. Terreni posti nelle zone rurali, nelle zone interne ma non solo, in quei borghi, in quelle contrade che occorre preservare dallo spopolamento, poiché sono l’unico e vero contrasto al consumo di suolo e all’avanzata indiscriminata di nuove cementificazioni.
Un Presidente della Repubblica, dunque, che consideri l’agricoltura come punta avanzata di un nuovo modello di modernità e innovazione, primo settore per la ricerca scientifica sul campo e la ricerca applicata a questioni di epocale rilievo come la tutela e il risparmio della risorsa idrica, il contrasto attivo ai cambiamenti climatici, la salvaguardia della biodiversità.
La provocazione nasce dalle discussioni di questi giorni, quando diverse organizzazioni agricole si apprestano a vivere le loro fasi congressuali e di rinnovamento delle rappresentanze sui territori.
Nello stesso momento, il dibattito politico è tutto incentrato sull’imminente elezione del prossimo presidente della Repubblica.
Per l’agricoltura italiana questo è invece un momento di grande difficoltà, soprattutto a causa del rincaro della bolletta energetica.
L’auspicio è che il 2022, con o senza un nuovo Capo dello Stato che abbia una ‘visione’ da agricoltore nel proprio codice genetico, possa essere l’inizio di una nuova era per l’agricoltura. Ce n’è bisogno.
Francesco Quitadamo