No, il prezzo non è giusto (così si uccide l’agricoltura)
Agli agricoltori sono riconosciuti prezzi da fame, tutto il profitto alla GDO
NO, IL PREZZO NON E’ GIUSTO/ Non lo è per il latte, per l’uva da tavola, per gli agrumi, per le olive e per l’olio. C’è un’enorme questione che i grandi del mondo non hanno affrontato né al G8 né alla conferenza sui cambi climatici a Glasgow: continuando di questo passo, si uccide l’agricoltura. Il valore aggiunto dei prodotti agricoli va tutto alla GDO, la Grande Distribuzione Organizzata, quella dei grandi marchi di supermercati che, per far luccicare i propri sconti e aumentare a dismisura i profitti, impone ai piccoli e medi produttori dei prezzi da fame. La questione riesplode ciclicamente. Oggi riguarda tutte le colture arrivate alla fase del raccolto da alcune settimane, ma anche il latte prodotto dagli allevatori. E interessa, naturalmente, anche il settore di punta dell’agricoltura pugliese: l’olivicoltura. A denunciare la drammaticità della situazione, ancora una volta, è CIA Agricoltori Italiani della Puglia (clicca qui per la pagina facebook). L’organizzazione, proprio stamattina, ha diffuso una nota sulla campagna olivicola e olearia in corso.
Basso prezzo delle olive e dell’olio, resa inferiore alla media, grandi difficoltà nel reperire la manodopera necessaria al raccolto, raffica di furti del prodotto soprattutto nella BAT, nel Barese e nel Foggiano: “In Puglia, la campagna olivicola 2021 si sta rivelando una Via Crucis”, ha spiegato Raffaele Carrabba, presidente di CIA Agricoltori Italiani della Puglia. “Riteniamo sia urgente, da parte della Regione Puglia, la convocazione di un tavolo di crisi per trovare soluzioni e misure attraverso le quali aiutare le aziende olivicole pugliesi ad andare avanti”.
PREZZI MOLTO BASSI. Il mercato, ancora alle prime battute, appare bloccato al ribasso. Chi ha necessità di vendere al più presto, e si tratta della stragrande maggioranza degli olivicoltori che hanno la necessità di recuperare almeno in parte gli ingenti costi sostenuti, è costretto a cedere il prodotto a 35-40 euro al quintale, mentre il primo olio prodotto ha una quotazione che oscilla fra i 3,80 euro e i 4 euro al litro. La qualità dell’extravergine appare eccellente in tutta la Puglia, dove la mosca olearia (almeno quella) quest’anno non ha avuto modo di fare danni, ma la resa quantitativa è bassa soprattutto nel Barese e nella provincia di Barletta-Andria-Trani, territorio nel quale si registra il 12-13% di resa (12-13 kg di olio per ogni 100 chilogrammi di olive) contro una media degli ultimi anni del 15-16%.
POCA MANODOPERA. I forti ritardi nelle istruttorie delle richieste inerenti al Decreto Emersione e la mancata attuazione del Decreto Flussi hanno causato rilevanti difficoltà, alle aziende olivicole e a tutto il comparto in generale, nel reperire la manodopera necessaria a portare a termine i raccolti.
Manca il flusso di lavoratori dell’Est Europa e dai Paesi extracomunitari. E mancano tanti collaboratori ricorrenti, vale a dire donne e uomini già formati e qualificati. “CIA Agricoltori Italiani ha chiesto di poter ricorrere a chi è in cassa integrazione o percepisce un reddito di cittadinanza, ma chiaramente per farlo serve un intervento di legge”.
COSTI INSOSTENIBILI E CALAMITA’. Ciò che si è verificato per tutti gli altri settori del comparto, si è abbattuto anche sull’olivicoltura: i costi di produzione sono aumentati in modo insostenibile. I prezzi di concimi, anticrittogamici, irrigazioni di soccorso, gasolio ed elettricità necessari ad azionare i mezzi e gestire gli impianti sono aumentati in media di oltre il 30%, incrementando di più di un terzo le spese di lavorazione e produzione. Costi incrementati, purtroppo, anche da un ciclo terribile di eventi climatici estremi: da gennaio ad oggi, la Puglia agricola ha dovuto fare i conti con gelate, siccità, bombe d’acqua e grandinate.
OLIVE PORTATE ALTROVE. Si sta riproponendo in modo drammatico un fenomeno che mortifica l’olivicoltura pugliese: olive e olio made in Puglia venduti e utilizzati altrove per dare sostanza e qualità alle produzioni di altre regioni. “Non biasimiamo i produttori, nella maggior parte dei casi si trovano a non avere alternative, è chiaro tuttavia come distorte e imposte dinamiche di mercato sottraggano alla Puglia, vale a dire alla prima regione italiana per produzione olivicola, tutto il valore aggiunto di un prodotto che è parte integrante della nostra identità sociale, storica e culturale, oltre a essere traino e motore economico e occupazionale”.