Scuola, Emiliano ha già deciso

Se il Governo glielo permetterà, il presidente della Regione Puglia farà scegliere i genitori tra dad e presenza

Sulla scuola, Emiliano ha già deciso. La trovata di andare nelle chat dei genitori, di fatto, si è rivelata una farsa. Chi scrive ha partecipato a una di quelle chat. Michele Emiliano non ascolta i genitori, piuttosto ribadisce ad ogni argomento che lui non può ristabilire l’obbligo scolastico (la cara vecchia scuola dell’obbligo di una volta), nemmeno di fronte alla volontà precisa in tal senso manifestata dal governo nazionale. Draghi ha annunciato che, dopo Pasqua, la scuola in presenza sarà riaperta a tutti gli alunni almeno per materne, elementari e prima media. In Puglia non sarà così, ma si continuerà col modello della cosiddetta did, la didattica integrata digitale, con i docenti a dover garantire le lezioni simultaneamente sia agli alunni in aula sia a quelli che seguono da casa. Un modello adottato solo in Puglia e che, da più parti, è stato giudicato dannoso e fallimentare. Nelle discussioni della chat, soltanto i genitori fanno cenno ai disagi che i bambini più piccoli, ma in molti casi anche gli studenti di medie e superiori, stanno subendo a causa di un anno scolastico vissuto quasi per intero davanti a un computer. Connessioni traballanti, centinaia di famiglie impossibilitate a gestire efficacemente la dad, l’assenza di un seppur minimo livello di socialità, apatia e disinteresse crescenti e, con essi, un drammatico aumento dei casi di abbandono scolastico. La Puglia, secondo quanto ha rilevato Save the Children, è la regione italiana in cui il diritto a frequentare la scuola è stato negato in misura notevolmente maggiore rispetto a ogni altra parte del Paese. La stessa Puglia che è nelle prime posizioni per povertà educativa e abbandono scolastico. Per Emiliano, la scuola è e si riduce allo spauracchio del luogo principale per la diffusione dei contagi. Negli ultimi 12 mesi, ma non in campagna elettorale, Lopalco ed Emiliano non hanno fatto che ripetere lo stesso identico ritornello in tutti i luoghi e con ogni mezzo possibile.  A nulla serve ricordare al presidente della Regione Puglia come l’ultimo e più autorevole studio, citato tra l’altro dal premier Draghi nella sua recente conferenza stampa, smentisca clamorosamente quella visione della scuola. Comunque la si pensi, l’aspetto più preoccupante di tutta questa vicenda è la completa mancanza non solo di un progetto concreto ma anche della sola manifestazione dell’interesse a considerare la scuola come una priorità. Il problema resterà anche dopo la fine della pandemia. E’ piuttosto significativo che di scuola, in Puglia, si parli solltanto a proposito della necessità di chiuderela o di aprirla se proprio si è costretti. Fa pensare il fatto che in Regione Puglia, a discutere di scuola, sempre e soltanto intesa come potenziale centro di focolai, siano soltanto un epidemiologo-assessore e un presidente che attacca i genitori contrari alla dad (ci sono decine di dichiarazioni a dimostrarlo), e non l’assessore Sebastiano Leo al quale sono state affidate le deleghe a Diritto allo studio, Scuola, Università e Formazione Professionale. Fa riflettere che, dimenticate le mimose e l’apologia della parità a parole di ogni 8 marzo, di fronte al grido d’aiuto lanciato dalle donne, nessuno s’indigni per le menate medievali del “restate a casa a occuparvi dei figli invece di chiedere le scuole aperte”. In ogni caso, non si capisce perché la Puglia, e solo la Puglia, debba costituire un caso a sé stante, una sorta di ‘Repubblica autonoma’, rispetto non all’Europa (sarebbe un lusso troppo grande) ma almeno al resto delle regioni italiane. Il ‘bello’ è che il minor numero di giornate scolastiche in presenza, da noi, non hanno mai significato una diminuzione dei contagi, anzi. Basti pensare a queste ultime settimane. C’è una visione produttivistica per cui è inaccettabile il rischio minimo e controllato di limitati contagi magari portati a scuola dall’esterno, ma non si batte ciglio se rischi di gran lunga maggiori si corrono fuori dalle aule scolastiche, dove non ci sono controlli e dove il tracciamento è molto più difficile se non evitato. La scuola, però, non è percepita come attività essenziale. Non è una priorità, per chi vorrebbe chiuderla a doppia mandata e senza tante chiacchiere. I bambini e i ragazzi non votano, le famiglie con figli in età scolastica sono una minoranza, come le donne costrette a conciliare gli impegni in casa con un lavoro fuori dalle mura domestiche. Minoranza. Una minoranza che è possibile, anzi auspicabile per molti, rinchiudere in casa fino a pandemia definitivamente sconfitta e anche oltre. Perché per garantire diritti, spazi, accessibilità, parchi funzionanti, una scuola pubblica aperta e accogliente, servono buone idee e politiche concrete, occorre impegnarsi davvero, trovare soluzioni, sperimentare, coinvolgere, investire e sbattersi. E chi glielo fa fare a lor signori, quando con un’ordinanza ti togli da ogni impiccio?

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Francesco Quitadamo