Nero di Troia: il vino “parla” foggiano in tutto il mondo

In poco meno di vent’anni, in Puglia la superficie vitata a Nero di Troia è enormemente cresciuta: dai 1782 ettari di 17 anni fa, ai 2.572 del 2010 (dati ufficiali, Censimento generale dell’Agricoltura). Diversi indicatori rendono più che plausibile stimare, per la Puglia del 2017, una superficie vitata a Nero di Troia ormai prossima ai 3000 ettari. Vino, Puglia e Nero di Troia, in realtà, sono un trinomio inscindibile da sempre. I dati ufficiali lo confermano: 10.870 ettari nel 1970, poi un vero e proprio crollo con 5.865 ettari nell’82, 2.881 nel ’90, 1.782 ettari a inizio del terzo millennio e, finalmente, nel 2010, la risalita fino a 2.572 ettari di superficie vitata. La svolta, la vera e propria riscoperta in Puglia del Nero di Troia, ha inizio nel 2010 ed è tuttora in corso. Se le superfici vitate sono cresciute (e segnano tuttora un trend positivo), molto si deve proprio alla svolta cominciata 7 anni fa, con la riscoperta di un vitigno autoctono pugliese che coniuga una storia antichissima a una grande modernità. Dalle uve Nero di Troia prendono vita ottimi vini rossi, declinazione più classica dell’amato vitigno, ma anche bianchi ed eccellenti rosé. Eccolo lì, il rosato. Negli ultimi anni, il successo del Nero di Troia è andato quasi di pari passo alla scalata dei vini rosé nella considerazione di esperti e consumatori. Il motivo lo illustra Giuseppe Lopriore, delegato provinciale per la Capitanata dell’ONAV, l’Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Vini. “Il Nero di Troia”, spiega Lopriore, “nei vini rosati che se ne ottengono, vede valorizzati molto bene alcuni dei suoi tratti distintivi, come la sua struttura semplice ma robusta che lo distingue da tanti altri rosati, note aromatiche non particolarmente ricercate ma nette e tra loro ben equilibrate. Non mi meraviglia l’alto gradimento da parte di esperti giudici come di amanti del vino dell’ultima ora”. Il segreto del successo è proprio qui: piace agli intenditori e, allo stesso tempo, il Nero di Troia vinificato in rosato conquista anche chi da poco si è avvicinato al consumo del vino di qualità. “Il Nero di Troia rosato”, aggiunge Lopriore, “ha un carattere deciso e austero, con una pienezza di bocca che non deriva solo dalla componente acida e da quella minerale. La sua struttura, però, non arriva a coprire la sua freschezza e la sua mineralità. Ne risulta un vino con una notevole armonia generale e un’ampia versatilità negli abbinamenti, che convince al naso e in bocca e per questo è facilmente apprezzato da tutti”. Insomma, in una parola, il Nero di Troia rosato è “moderno”. Una modernità che si traduce soprattutto in “completezza” e “versatilità”, caratteristiche che il Nero di Troia deve a un’antichissima origine e a un’evoluzione che, oggi, lo rende un vitigno senza tempo ma con una storia e un futuro grandiosi. “Il suo colore, il più delle volte, è un rosa cerasuolo”, spiega ancora Lopriore. “Al naso presenta note fruttate più evidenti di ciliegia fresca e lampone, e note erbacee più tenuti, di rosa e a volte di radice di liquirizia. In bocca si apprezza il suo volume e la persistenza gustativa. Le note olfattive sono ancora più armoniche per via retro olfattiva e il retrogusto è complesso e abbastanza lungo”. Un produttore del Nero di Troia è Luca Scapola, titolare dell’azienda vitivinicola foggiana Borgo Turrito: “Anche noi abbiamo progressivamente aumentato la superficie vitata a Nero di Troia. E’ un vitigno storico e moderno allo stesso tempo, capace di dare anche una forte connotazione qualitativa e identitaria al nostro territorio. Non è un caso che, in tutta la Capitanata, la maggior parte dei vini più interessanti, quelli capaci di conquistare premi e mercato, sia il prodotto più evoluto della vinificazione da Nero di Troia”.