Pubblichiamo integralmente la lettera aperta firmata da Agedo Foggia Gabriele Scalfarotto, Ass. Donne in Rete Foggia e Casa Editrice Mammeonline sul tema dell’educazione alle differenze
Il 5 ottobre 2015 abbiamo organizzato un incontro tra associazioni, cittadinanza e insegnanti con l’urgenza di confrontarci sull’uso della parola gender. In particolare ci siamo soffermate/i sull’attacco che hanno subito tanti interventi e progetti di matrice scientifica, letteraria e umanistica sulla prevenzione del bullismo, delle varie forme di discriminazione e di violenza, a causa di fraintendimenti e distorsioni circa gli studi di genere.
Durante l’incontro abbiamo condiviso il disagio della violenza con cui sono elaborati i vari prodotti comunicativi e trasmesse le indicazioni di chi si oppone a tali interventi. Ci siamo interrogate e interrogati su cosa noi possiamo fare per favorire approfondimenti, accogliere le paure delle famiglie, delle/degli insegnanti e promuovere azioni che consentano di chiarire la confusione e la manipolazione creatasi intorno al concetto di gender.
Per prima cosa ricordiamo che, dall’inglese Gender studies, gli studi di genere si riferiscono, così come definito dalla Società delle storiche, a “un corpo di strumenti concettuali per poter pensare e analizzare le realtà storico-sociali delle relazioni tra i sessi in tutta la loro complessità ed articolazione” (2014). La loro trasformazione in ideologia gender o teoria del gender è pretestuosa e non corroborata da indicazioni scientifiche tanto che, a prova della loro infondatezza, sono definite, giustamente, bufala gender.
Queste informazioni, infatti, sono presentate in maniera incompleta e scorretta; si compie, soprattutto, una saldatura tra sesso biologico e ruolo di genere, laddove la Convenzione di Istanbul, per citare una fonte autorevole, indica chiaramente che “con il termine genere ci si riferisce ai ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini” (Art. 3, comma c).
Nella fretta di agire e di colpire l’immaginario collettivo di genitrici e genitori, la bufala gender si scaglia sull’Educazione alle differenze. Così che, tale educazione, paradossalmente, per evidente contrasto semantico, insegnerebbe, tra l’altro, una visione di sessualità neutra e, dunque, l’annullamento delle caratteristiche legate al femminile-maschile. La scuola è il teatro conteso dove, sotto la bandiera del No al gender, è contrastata violentemente tutta la progettualità inerente la prevenzione delle discriminazioni e i tanti interventi educativi realizzati da persone di qualificata esperienza professionale.
L’attacco si estende, per giunta, alla parte del decreto sulla “Buona scuola” che riguarda proprio l’educazione al rispetto e non discriminazione: “Il piano triennale dell’offerta formativa assicura l’attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni” (Art. 1, comma 16, L.107/2015).
Uno dei messaggi più pericolosi, trasmesso attraverso vari canali sotto l’etichetta No al gender, è di bandire proprio ogni progetto di prevenzione della violenza sulle donne e del bullismo omofobico e sessista.
Proviamo a fare chiarezza, sintetizzando nello schema seguente i punti di maggiore confusione.
NON è educare alle differenze:
Annullare le differenze
Dire che il sesso si sceglie
Proporre educazione sessuale prima di quanto già previsto nella scuola da molti anni Insegnare la masturbazione
Educare alle differenze è:
Educare a rispettare le differenze
(etniche, fisiche, di abilità/disabilità, di orientamento sessuale, di difficoltà scolastiche, ecc.) Contrastare il bullismo omofobico e gli stereotipi legati al genere uomo/donna Educare alle emozioni e ai sentimenti
(favorire corrette relazioni sentimentali e prevenire la violenza)
Ci preme affermare che Educare alle differenze
Vuol dire spiegare ai bambini e alle bambine che i ruoli legati alla differenza sessuale non sono gabbie che imprigionano. Non si può sopprimere ogni altra aspirazione e desiderio.
Vuol dire porre al centro dei processi educativi il tema del rispetto delle proprie e altrui diversità.
Vuol dire anche non discriminare per il colore della pelle o l’orientamento sessuale o l’aspetto fisico o le disabilità.
Vuol dire imparare a riconoscere fin dall’infanzia il diritto di ogni essere umano a essere se stesso, permettendo a ogni persona di individuare la propria unicità e sapere che nel farlo non lede affatto il desiderio o i diritti altrui.
Vuol dire che un bambino può desiderare di fare il ballerino o una bambina la calciatrice senza sentirsi inadeguato/a, essere sbeffeggiato/a ed emarginato/a.
Vuol dire spiegare alle ragazze e ai ragazzi che la violenza degli uomini sulle donne non è un elemento ineluttabile della natura maschile. Ha, invece, precise matrici culturali, che sintetizzano immagini stereotipate del maschile e del femminile. Individuare le sue radici patriarcali ci permette di affrontarle e cambiare la realtà per il benessere sia delle donne sia degli uomini.
Vuol dire mettere al centro la dimensione relazionale tra i generi e riconoscere alle persone uguaglianza di diritti, possibilità e rispetto.
Educare alle differenze vuol dire, infine, che dobbiamo chiederci quali siano i valori dell’affettività e dell’amore. Domandarci con le parole della filosofa Nicla Vassallo “se esistono, così come esistono, parecchie famiglie che non rispondono ai canoni stabiliti” (sett. 2015). Ricordarci reciprocamente che rinnegare i cambiamenti avvenuti nella famiglia e i mutamenti sociali e culturali, significa rinunciare all’uso della ragione e al senso dell’amore.
Agedo Foggia Gabriele Scalfarotto Donne in rete, Foggia, Casa Editrice Mammeonline