BICCARI (Fg) – E’ partita da Biccari, è arrivata in 564 comuni italiani: ieri, alla protesta contro i tagli ai trasferimenti statali, hanno aderito sindaci di tutto il paese. Hanno chiuso il Municipio per un giorno. Lo hanno fatto per puntare l’attenzione di cittadini e pubblica opinione sulla situazione in cui versano i comuni, tutti i comuni, anche quelli virtuosi. I tagli operati dal Governo centrale impediscono alle amministrazioni comunali di garantire anche i servizi minimi. In provincia di Foggia, hanno aderito Alberona, Casalvecchio, Castelnuovo della Daunia, Castelluccio Valmaggiore, Celle San Vito, Faeto, Motta Montecorvino, Panni e Roseto. A questi comuni, naturalmente, si aggiunge quello di Biccari, da dove tutto è partito. Soltanto 10 comuni su 61. Tutti dei Monti Dauni. Spicca l’assenza dei comuni del Gargano, del Basso e dell’Alto Tavoliere. Anche a voler solo contare i comuni di piccoli dimensioni, sono 40 i paesi della provincia di Foggia che hanno una popolazione inferiore ai 5mila abitanti. In Capitanata, dunque, la protesta è rimasta sulle colline dei Monti Dauni. Gianfilippo Mignogna, il sindaco di Biccari, è riuscito comunque in un’impresa di rilievo, anche per quanto riguarda il numero delle adesioni: poche in Capitanata, ma moltissime in tutto il resto d’Italia. Mignogna ha spiegato alla stampa e ai cittadini il perché della protesta civica, annunciata nel corso della conferenza stampa in Provincia martedì scorso. “Siamo passati dagli oltre 955mila euro del 2008 – ha spiegato – ai 15mila di quest’anno. La situazione ha iniziato a precipitare in maniera preoccupante a partire dal 2012, quando dal Governo centrale di Roma abbiamo visto corrisponderci 768mila euro, fino al tracollo del 2014 con 161mila euro e lo schiaffo di quest’anno con poco più di 1000 euro al mese. La casta chiede sacrifici a tutti, tranne che a se stessa. In particolare, le aree montane sono state penalizzate”. Dal Ministero delle Finanze, il Comune di Biccari per il 2015 si è visto assegnare 196.733,03 euro dallo Stato (con un taglio di 94mila euro rispetto al 2014) a titolo di Fondo di solidarietà, ma deve restituire a Roma 181.464,64 euro (pari al 38,23% dell’Imu da incassare), per meccanismi compensativi in base ai quali una parte del Fondo è alimentata dalle stesse quote di partecipazione dei Comuni per essere redistribuita agli stessi. In pratica, tra “dare” e “avere”, lo Stato ha trasferito al Comune di Biccari soltanto 15mila euro. “Sullo sfondo – si legge nel comunicato stampa inviato dal Comune di Biccari – l’introduzione di soppiatto, lo scorso dicembre, dell’Imu agricola da cui Biccari era esentata fin lì in quanto Comune montano. Ma in quei giorni Matteo Renzi decise che potessero mantenere lo status soltanto quelle realtà le cui sedi municipali si trovano ad oltre 600 metri di altitudine”. Insufficienti i 450 degli uffici biccaresi, con Mignogna che trasferì simbolicamente scrivanie e computer a 900 metri sul Monte Cornacchia. E poi c’è il Patto di Stabilità da rispettare: “Vincoli simili – commenta Mignogna – impediscono a un Comune in difficoltà come il nostro di partecipare a bandi per il superamento del dissesto idrogeologico o di qualsiasi problema peculiare e urgente del nostro territorio, se c’è da assicurare un cofinanziamento. Così come non riusciamo per la stessa ragione a realizzare i lavori di somma urgenza dopo i frequenti e devastanti fenomeni atmosferici. Insomma, ci impediscono pure di utilizzare i nostri stessi risparmi”. Il tutto, costringendo a mirabolanti equilibrismi per non vessare la popolazione con l’aumento delle tasse locali ed il mantenimento dei servizi essenziali.
A luglio i Piccoli Comuni, i più vessati da tagli e riforme, si erano incontrati in Piazza Montecitorio a Roma. Ora, dopo la serrata generale del 2 ottobre, occorre andare oltre. “A breve con Associazione Nazionale Piccoli Comuni Italiani e quella dei Comuni dimenticati ci incontreremo – fa sapere Mignogna – , per elaborare una proposta di legge di iniziativa popolare a favore dei Piccoli Comuni”.