Agrinsieme: “No al caporalato, i veri agricoltori ne sono vittime”

FOGGIA – “Gli agricoltori, quelli veri, sono vittime del caporalato al pari dei braccianti e degli operai agricoli che ricorrono ai caporali”.
Agrinsieme Puglia, il coordinamento delle organizzazioni agricole C.I.A. (Confederazione italiana agricoltori), Confagricoltura, Alleanza delle Cooperative settore agroalimentare (Legacoop, Confcooperative, Agci ) e Copagri, condanna fermamente il caporalato.
Il rifiuto del lavoro nero e del caporalato sono due dei principi cardine che guidano le organizzazioni agricole aderenti ad Agrinsieme Puglia, che non rappresentano e nè intendono rappresentare presunti agricoltori, per lo più mediatori e commercianti che utilizzano in modo selvaggio i caporali e praticano lo sfruttamento.
“I veri agricoltori di certo non provocano le situazioni che purtroppo si sono verificate nelle campagne nelle scorse settimane, a causa anche di condizioni climatiche eccezionali che hanno creato disagi e malori anche in altri contesti sia lavorativi che non lavorativi e in altri ambiti territoriali regionali.
Il caporalato è un fenomeno che riguarda personaggi senza scrupoli, dai quali Agrinsieme prende le distanze. I veri agricoltori, i nostri agricoltori, sono impegnati nel rispetto della legge e della legalità”. Un impegno comune che deve contraddistinguere tutti quanti, enti, istituzioni, associazioni, aziende.
“Nei mesi scorsi a livello nazionale abbiamo lavorato notte e giorno per trovare e sancire l’accordo con le organizzazioni sindacali dei lavoratori. Accordo che viene rispettato e che deve essere rispettato dalle aziende agricole.
Ed anche a livello regionale si sta lavorando per affermare i principi del rispetto delle norme in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro nelle aziende agricole e tra i lavoratori agricoli. Non dimentichiamoci che gli imprenditori agricoli, i datori di lavoro, sono anche loro coinvolti nei lavori aziendali e nelle operazioni colturali e come tali sono i primi a essere interessati alla tutela della loro salute e della salute dei loro dipendenti.
Per venire incontro alle imprese agricole è necessario snellire la burocrazia e rendere chiare le regole, armonizzare i costi del lavoro a livello europeo. Le aliquote contributive di previdenza e assistenza sociale, infatti, a carico del datore di lavoro agricolo sono pari a circa il 35% e sono di gran lunga superiori a quelle in vigore negli altri Stati membri dell’Ue che vanno dal 12% del Regno Unito, al 15.88% della Spagna, al 21% del Portogallo, al 13% della Francia, o addirittura allo 0,5% della Germania.
Una posizione questa che sarà ribadita domani – 27 agosto – nel corso di un incontro che si terrà a Roma con i ministri Poletti e Martina.
BORDO (PD): IL CAPORALATO PUO’ ESSERE SCONFITTO. “Il caporalato sarà sconfitto quando riusciremo a colpire le finanze di chi alimenta il business dello sfruttamento e dello schiavismo”. Lo afferma l’on. Michele Bordo, presidente della Commissione Politiche UE della Camera, esprimendo “apprezzamento e sostegno all’iniziativa di oggi dei ministri Andrea Orlando e Maurizio Martina per il rafforzamento dei presidi di legalità in agricoltura”.
“L’urgenza dell’azione di contrasto a questi fenomeni emerge con drammatica chiarezza nell’ultima denuncia della Flai Cgil Puglia – continua Bordo – che sostiene vi sia stato un incidente mortale nei campi di Rignano Garganico e che i caporali abbiano occultato il cadavere del bracciante straniero deceduto per evitare le indagini delle Forza dell’Ordine. Morti accertate e presunte, quotidiani episodi di sfruttamento, costante presenza di ghetti e baraccopoli non sono più tollerabili e ammissibili. La costruzione della ‘rete del lavoro di qualità’ è un primo, importante passo; ma servono, come evidenziato dagli stessi ministri delle Politiche agricole e della Giustizia, più controlli nei campi e maggiore severità nei confronti di chi si arricchisce sfruttando la manodopera italiana e straniera. Sì, perché i nuovi schiavi sono anche gli italiani tornati a lavorare nei campi a causa della crisi e dell’incremento della disoccupazione in altri comparti. Aver introdotto il reato penale di caporalato, norma giusta e necessaria, non è bastato a cancellare queste figure dal sottobosco dell’economia agricola. Colpire le aziende che li utilizzano e se ne avvantaggiano con le stesse misure utilizzate per le imprese mafiose – conclude Michele Bordo – può essere la soluzione a un problema antico delle campagne del Sud, e non solo, che ancora oggi provoca morti e offende la dignità di migliaia di lavoratrici e lavoratori”.