A Roseto piovono pane, cipolle e formaggio

il lancio
ROSETO VALFORTORE (Fg) – Dal cielo, piovono pezzi di pane e di formaggio. Vengono buttati giù da un balcone che affaccia su Piazza Bartolomeo III, l’agorà più importante di Roseto Valfortore. Sulla gente sottostante cadono anche ortaggi, cipolle, fave e, dagli zampilli appositamente installati, cominciano a fuoriuscire latte e vino. E’ questo il momento più caratteristico della festa con cui Roseto Valfortore celebra, ogni 26 maggio dalla metà del XVII secolo, la propria devozione per San Filippo Neri.
Martedì 26 maggio, alle ore 12, il rito si ripeterà quando la statua del patrono, al termine della processione cominciata un’ora prima, giungerà trionfalmente in piazza.

Raccontateci l’evento con un video. Ci sono anche dei premi in palio. Ecco tutte le info: https://www.rec24.it/2015/04/un-film-per-i-monti-dauni-premio-lupo-2015-rec24/

E’ un momento magico, soprattutto per i bambini: mento in su e occhi al cielo, sono i più piccoli – armati di buste e zainetti – a cercare di accaparrarsi il maggior numero di pezzi di pane e di formaggio, senza trascurare le verdure che piovono dall’alto. La festa rosetana in onore di San Filippo Neri, manifestazione di fede e di partecipazione popolare che si rinnova ogni anno il 26 maggio, è entrata ufficialmente nel calendario di “Patroni di Puglia”, progetto della Regione Puglia che valorizza e promuove turisticamente il grande patrimonio di storia, arte e cultura rappresentato dai riti e dai luoghi della devozione. A Roseto Valfortore, uno dei 30 comuni pugliesi coinvolti in “Patroni di Puglia”, e al santo patrono del ‘paese delle rose’ è stato dedicato ampio spazio all’interno della pubblicazione e del sito che promuovono il progetto. Si tratta di una tradizione antichissima. Nel 1623 l’arciprete De Santis portò a Roseto il culto di San Filippo Neri, diventato poi il patrono del paese. Nella sua abitazione, trasformata in oratorio, si conserva un prezioso busto d’argento del santo. Fiorentino d’origine, San Filippo Neri si trasferì a Roma quando era ancora molto giovane. Nella città eterna ricevette l’appellativo di “secondo apostolo di Roma” per la determinazione con cui cercava di riportare sulla retta via una città sempre più corrotta e pericolosa. Fu ribattezzato dai fedeli come il “Santo della gioia”, grazie alla straordinaria capacità dimostrata nel coinvolgere i giovani, ragazze e ragazzi di strada con cui pregava e cantava. Restano memorabili alcuni suoi detti sarcastici, quali ad esempio lo “State buoni se potete”, titolo di un omonimo film sulla sua vita, o il “Ma va’ a morì ammazzato…per la fede” che gli valsero anche l’appellativo di “buffone di Dio”.