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A Pietra lo spettacolo più bello del mondo

di Francesco Quitadamo

PIETRAMONTECORVINO (Fg) E’ la processione più spettacolare cui abbia mai assistito. Quella più partecipata e sentita. Ci sono bambini, giovani, adulti e anziani. Centinaia di persone di ogni età. Siamo a Pietramontecorvino, borgo medievale dell’entroterra collinare foggiano. Qui, ogni 16 maggio, dal 1889, accade qualcosa che unisce tutti, che impegna ogni petraiolo e non lascia indifferente nessuno. Nel nome di Sant’Alberto Normanno. Si tratta del pellegrinaggio-processione verso il sito archeologico di Montecorvino. Sette chilometri in mezzo al grano. Sette all’andata, sette al ritorno. Chiunque abbia braccia e gambe salde e forti, quei 14 chilometri li percorre nel modo più faticoso e spettacolare: trasportando, eretti, altissimi palii in legno addobbati da fazzoletti variopinti e decorati, sulla sommità, dai simboli di Pietramontecorvino.

Il 16 maggio è un giorno speciale per Pietramontecorvino. E’ il giorno che meglio di ogni altro racconta l’identità di questo borgo, ne svela i caratteri più intimi e autentici. E’ il giorno di Sant’Alberto: il patrono, l’eremita, il Normanno, la figura mistica cui il paese è legato profondamente da un sentimento che armonizza fede, appartenenza e affetto. Il 16 maggio è il giorno del pellegrinaggio penitenziale da Pietra a Montecorvino. In sette chilometri, si sviluppa un cammino di devozione la cui ricchezza va oltre il significato religioso della processione. Sette chilometri per raggiungere la cosiddetta “sedia del diavolo”, la torre di Montecorvino, e il sito archeologico in cui si trovano i ruderi dell’antica cattedrale che fu dimora del Santo.

IL LEGAME TRA CIELO E TERRA, METAFORA E SIGNIFICAZIONI.
La processione del 16 maggio contiene molti elementi delle identità di Pietramontecorvino e, più in generale, del patrimonio della cultura contadina. Il pellegrinaggio a Montecorvino è un racconto che si rinnova anno dopo anno dal 1889, col testimone che passa di generazione in generazione da oltre 100 anni. Da allora sono cambiati gli abiti, i costumi, le tecnologie, i volti e le persone che partecipano al rito, ma l’evento non ha mai smarrito il filo conduttore che lo caratterizza dalle sue origini: il legame tra la terra e il cielo simboleggiato dai palii protesi verso l’alto. La natura e le sue manifestazioni, nella giornata del 16 maggio, sono metafora e significazione di quel legame, della tensione emotiva verso la speranza di avere un aiuto dal cielo per ‘governare’ le difficoltà e le variabili legate al ciclo delle coltivazioni. Il 16 maggio è la rappresentazione del comune senso di appartenenza a una civiltà di valori, storie e sentimenti condivisi.

L’origine del rito nel patto di Sant’Alberto
Tutto nacque da un bisogno vitale, quello di vedere sconfitta la tremenda siccità che 126 anni fa mise a rischio il ciclo delle colture e, con esso, la possibilità delle famiglie petraiole di avere il necessario per sfamarsi. La leggenda vuole che Sant’Alberto Normanno apparve in sogno a due donne e disse loro che, per alleviare la sete dei campi, il popolo avrebbe dovuto compiere un pellegrinaggio penitenziale fino alla vicina Montecorvino.
La gente di Pietra decise di esaudire il consiglio che proveniva dal cielo e, come la promessa di un rinnovato patto di fede, al ritorno dal cammino di preghiera le nuvole riversarono sui campi la pioggia indispensabile al loro sostentamento. Di lì a qualche mese, i raccolti furono i più generosi di sempre. Alberto il Normanno, l’eremita, il Santo Patrono, aveva sconfitto la siccità e conquistato l’eterna devozione del suo popolo.

La processione nel grano, carovana di colori
La processione di Sant’Alberto si svolge il 16 maggio di ogni anno dal 1889. Dal borgo, di buona mattina, una lunga teoria di donne, uomini e bambini si mette in cammino. Centinaia di persone sono precedute da enormi palii. I fusti d’albero sono addobbati con fazzoletti variopinti e vengono portati a braccia, eretti, con l’aiuto di lunghe funi. Il pellegrinaggio diventa una carovana di colori che, grazie all’altezza e al corredo di scialli dei palii, rende visibile il suo procedere anche a molti chilometri di distanza.
Nel mezzo, tra i palii e il popolo dei fedeli, c’è la statua del santo che unisce tre paesi: all’evento partecipano gruppi di fedeli provenienti da Motta Montecorvino, Volturino, Pietra e da molte città d’Italia dove risiedono le comunità di emigranti dei rispettivi borghi accomunati dalla devozione per Sant’Alberto. I partecipanti, a piedi, percorrono i sette chilometri che separano Pietramontecorvino dal sito archeologico di Montecorvino. Per arrivare lassù, ai piedi di una maestosa torre che affaccia sui ruderi di un’antica città e si staglia possente nel cielo, devono camminare in mezzo alla campagna, in un sentiero di terra battuta, attraversando il mare verde dei campi di grano ancora fresco.

Le radici pagane di una festa irrinunciabile
L’usanza del palio ha origine nella tradizione pagana dei riti propiziatori della fertilità, confluita nella rielaborazione della pratica cristiana. Il palio veniva vestito di scialli e fazzoletti tenuti insieme con le fasce per neonati. Le donne offrivano al santo i loro fazzoletti per chiedere che il patrono proteggesse i loro uomini in guerra.
Al ritorno dal primo pellegrinaggio penitenziale a Montecorvino, il 16 maggio 1889, la pioggia cominciò a scendere copiosa, i campi si dissetarono e i raccolti, di lì a qualche mese, furono tra i più generosi di sempre. Qualche anno fa, il cielo anticipò il rito della pioggia e i pellegrini furono investiti da un temporale micidiale. “La processione si fa comunque”, ti spiegano a Pietramontervino, “dovessimo tornare senza scarpe, calze e mutande”. E la processione si fa, pioggia o non pioggia, nessuno si cura delle previsioni meteo. Solo una minoranza sceglie di arrivare alla meta a bordo di trattori e fuoristrada, sono quelli che portano le provviste e s’incaricano di portare a destinazione i bambini più piccoli e chi non se la sente di farsi la sfacchinata. La maggioranza va a piedi. Tra loro ci sono uomini e donne di tutte le età. L’odore della terra bagnata, del grano fresco, la continuità di un racconto che unisce affabulazione e autenticità. Gli occhi pieni di un verde mai uguale a se stesso. Campi di cardi, piante selvatiche di ogni forma, alberi la cui chioma dà forma al vento. Vento parrucchiere, stilista, guastatore, malandrino. Ci si avvicina alla torre di Montecorvino come se si dovesse espugnarla, in mezzo all’erba alta, arrancando, col fiatone. Conquistare la vetta è sacrificio e gioia, splendida metafora della vita.

La processione dei giovani e degli anziani
I palii, che oggi sono molto numerosi e raggiungono in alcuni casi i 20 metri, permettevano a chi restava in paese e non poteva partecipare alla processione di individuare e di seguire la statua di Sant’Alberto a chilometri di distanza: in questo modo, sono soprattutto i più giovani a farsi carico dell’esigenza degli anziani e delle persone con difficoltà motorie che altrimenti non potrebbero partecipare in alcun modo al pellegrinaggio. Così, invece, tutti sono partecipi del lento incedere della processione, la vedono avanzare attraverso lo sventolio dei fazzoletti, possono avere percezione del ritmo del suo incedere.
Sono gli anziani a tramandare il significato e il valore del 16 maggio e lo fanno molto bene. Non si spiega altrimenti la numerosa partecipazione di giovani e giovanissimi al pellegrinaggio. E’ una partecipazione attiva, che costa impegno, sudore e fatica. Il 16 maggio, al pellegrinaggio-processione lungo i sette chilometri che separano Pietra da Montecorvino, i bambini e i giovani sono moltissimi. Sono loro a trasportare a braccia i palii di Sant’Alberto, pali di legno che possono pesare fino a 150 chili. Li portano eretti, come aste di bandiera. Alla base del palo sono in quattro a sostenere il peso maggiore. Davanti, dietro e ai due lati altri ragazzi tengono in equilibrio il palio con l’aiuto di lunghe funi. La strada per arrivare alla dimora del santo è poco più che un tratturo. I ragazzi alle funi compiono l’intero tragitto tra il grano ancora verde e la terra arata.

Quest’anno, il 16 maggio 2015, si svolgerà il 126esimo pellegrinaggio-processione.
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www.rec24.it/2015/04/un-film-per-i-monti-dauni-premio-lupo-2015-rec24/

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